Non voglio bene a nessuno – di Marco Rinaldi

Recensione di Elisabetta Bellagamba –

Non voglio bene a nessuno è il romanzo d’esordio di Marco Rinaldi edito da Altergo nel 2016.

Cosa è l’adolescenza se non l’età dei cambiamenti, delle domande, dei dubbi, dei mille pensieri che viaggiano nella mente?

Come ci si avvicina all’altro?

Come ci si approccia alla persona che ci piace?

Cosa mi piace, cosa non mi piace?

In cosa credo?

Quali sono i miei talenti, le mie passioni?

Marco Rinaldi narra la storia di un’adolescente preso dai turbamenti emotivi, dalle prime esperienze sessuali, dai litigi con gli amici, e soprattutto preso a cercare la propria strada ed il proprio posto nel mondo: il suo esserci unico ed irripetibile.

Racconta la storia dello svincolo dai propri genitori, in questo caso dal proprio padre.

Uno svincolo difficile e travagliato.

La paura di deludere il padre, così idealizzato e messo sopra ad un piedistallo, porta il personaggio ad essere eccessivamente compiacente con le aspettative del genitore, talmente tanto compiacente da tradire la sua parte più intima e profonda.

“… il rimorso di averli ammazzati, però, mi rimane attaccato alle mani.

È più forte di me.

L’importante è che lui non se ne accorga, voglio che continui a pensare che siamo due pescatori, io e lui… anche perché lui racconta a tutti che sono più bravo io.”

Per contro il padre sembra più concentrato su se stesso, sui desideri che ha verso il proprio figlio piuttosto che teso ad ascoltare ciò che si muove dentro di lui al di là delle mere apparenze. Il ragazzo cerca di muoversi facendo le sue naturali esperienze, ma nei momenti di confusione ripensa alle parole del padre non mettendosi in ascolto di ciò che sta accadendo in quell’istante.

Si identifica con il padre adulto facendo ciò che il padre ha detto, ma lui è ancora un adolescente e questo lo porta nell’approccio con le ragazze ad accelerare i tempi ed in molte situazioni viene etichettato come lo “stronzo”, il “mostro”.

Etichetta che si porta dietro fino ad arrivare a crederci costruendo la sua identità intorno a quell’appellativo.

Alla fine lui, l’adolescente, cerca di crescere in fretta perché sente che questo gli viene richiesto dal padre, così come gli viene richiesto di essere un maschio potente, forte, che spara e prende al primo colpo la sua preda.

Come può deludere il proprio padre in questo? Non può mostrare a lui quel suo lato più emotivo, dubbioso, insicuro e bisognoso.

La delusione è in agguato, però, ma sarà il padre a deludere il figlio perché il figlio scoprirà, grazie a varie circostanze, questo lato del padre.

Un padre che desiderava essere idealizzato dal figlio, non mostrandosi nei suoi aspetti di forza e di fragilità.

Questa scoperta fa crollare rovinosamente ed improvvisamente, il piedistallo nel quale il padre si trovava.

Cosa accadrà e che conseguenze avrà nel figlio questo crollo improvviso della figura paterna, non accompagnato da un processo lento di scoperta e disillusione?
Lascio volutamente in sospeso queste domande affinché ogni lettore possa trovare le sue risposte nella piacevole e scorrevole lettura del romanzo.

Sinossi

Un figlio e suo padre, raccontati nel loro stridente rapporto d’amore e di educazione alla vita, in cui c’è chi detta le regole e i tempi, e chi li deve seguire.

Per il protagonista “diventare grande” significa bruciare ogni tappa nel gioco, nello sport, nel sesso e persino nella morte. Bisogna fare tutto bene e soprattutto presto.

Così vuole il padre, proprietario di ogni suo pensiero, in una rincorsa verso la crescita che travolge debolezze, paure, sentimenti.

Fino a quando il suo mito va in frantumi, e con lui si sbriciolano miseramente tutte le certezze: niente più traguardi, niente più amore.

Titolo: Non voglio bene a nessuno

Autore: Marco Rinaldu

Editore: Alterego, 2016

Adolescenti in trattamento psicologico: una indagine epidemiologica descrittiva

Fiorenzo Ranieri –

L’articolo “Adolescenti in trattamento psicologico – una indagine epidemiologica descrittiva” scritto da Fiorenzo Ranieri, Lucia Babbini, Elisabetta Bellagamba e Valentina Di Chiara e pubblicato dalla rivista Il Cesalpino, nasce da una indagine retrospettiva sugli adolescenti che si sono rivolti al Servizio di Salute Mentale aretino (UFSMIA). Sono stati analizzati i percorsi clinici di 60 ragazzi e ragazze tra i 14 e i 18 anni che hanno completato la valutazione psicodiagnostica e sono stati avviati ad un programma terapeutico – riabilitativo. È stata descritta la distribuzione per diagnosi dei soggetti. L’articolo riporta poi per ogni sottogruppo diagnostico il profilo medio al test di personalità MMPI A con relativo codice di Butcher e Williams, l’incidenza di Disturbi Specifici dell’Apprendimento nel campione, il tipo di trattamento avviato e la ripartizione dei casi di Drop Out. Lo studio offre informazioni utili per orientare le equipe curanti nelle scelte dei programmi terapeutico – riabilitativi. Articolo scaricabile dalla pagina della rivista Il Cesalpino  e da questol link.

Slide dal corso “Nuove forme del disagio giovanile: strumenti di comprensione e intervento”

Note introduttive

Spesso i Servizi Pubblici sono chiamati ad ascoltare e accogliere la sofferenza dei giovani e la sofferenza correlata delle loro famiglie. La famiglia, la scuola, il mondo del lavoro, la giustizia indirizzano ai Servizi soggetti sofferenti come in una specie di imbuto in cui si riversa il confusivo disagio che caratterizza la fascia adolescenziale contemporanea. La complessità del tutto naturale del vivere sembra essere diventata patologica e pertanto necessariamente bisognevole di una risposta tecnica sotto forma di psicoterapia o di un qualche trattamento farmacologico. Se disagio giovanile è il fatto veramente nucleare di questo tempo storico, i professionisti della Salute Mentale non possono più ignorarlo etichettandolo semplicemente come fenomeno non patologico. Vanno promossi momenti di confronto e approfondimento su questo tema tra operatori.

Slide

abbandono scolastico e ritiro sociale – Fiorenzo Ranieri

disagio giovanile – Fiorenzo Ranieri

famiglia – Susanna Giaccherini

la prevenzione del disagio giovanile – La prospettiva di un servizio di salute mentale per adulti – Susanna Giaccherini

nuove dipendenze – Valentina Cocci

nuove forme del disagio giovanile – Nicoletta Bosco

nuove forme di assenza genitoriale – Valentina Galastri

visibilità vergogna – Cristina Cecchini

L’ Hikikomori Questionnaire (HQ-25), uno strumento per la valutazione del ritiro sociale acuto

Fiorenzo Ranieri –

Il fenomeno hikikomori è una forma di grave ritiro sociale, un tema emergente in salute mentale per il quale mancano strumenti di misurazione convalidati. I tipici soggetti hikikomori sono maschi, adolescenti o giovani uomini adulti che si orientano verso l’isolamento in un contesto di difficoltà scolastiche, dinamiche familiari difficili e/o altri fattori di stress psicosociali. Sono individui che consumano quantità esorbitanti di tempo rimanendo chiusi nelle loro camere da letto. Una revisione sistematica della letteratura ha rilevato che questo fenomeno potrebbe essere il risultato di problemi incorsi durante lo sviluppo, come la presenza di un attaccamento insicuro tra bambino e care – giver. Ricerche condotte con piccoli gruppi hanno suggerito che gli hikikomori hanno spesso alti livelli di solitudine e mancano di sostegno sociale nel contesto in cui vivono. La comorbidità del ritiro con sintomi di depressione o altre problematiche psichiatriche sono comuni.

Partendo dal fatto che c’è un grande bisogno di strumenti che possano aiutare la valutazione e l’individuazione di hikikomori in Giappone, Alan R. Teo e un gruppo di suoi collaboratori hanno sviluppato una scala di “self-report” per persone hikikomori, valutandone le proprietà psicometriche e la validità come strumento diagnostico.

Dr Alan Teo – http://dralanteo.com

Il questionario “Hikikomori Questionnaire (HQ-25)” è composto da 25 item suddivisi in tre sotto-scale: socializzazione (11 item), isolamento (8 item) e supporto emotivo (6 item).

Ecco alcuni degli item utilizzati: Sto lontano dalle altre persone; Adoro incontrare nuove persone; Le persone mi danno fastidio; Mi sento a disagio per le altre persone. Trascorro la maggior parte del mio tempo a casa; Mi sono chiuso nella mia stanza; Trascorro la maggior parte del mio tempo da solo; Non c’è davvero nessuno con cui discutere questioni importanti; Ci sono persone nella mia vita che cercano di capirmi.

La risposta a ogni singolo item si colloca su una scala che va da 0 (fortemente in disaccordo) a 4 (fortemente d’accordo). Sono stati inclusi item in forma negativa per ridurre bias dovuti ad acquiescenza. Il punteggio individuale totale va da 0 a 100. Un cut – off di 42 punti su 100 è stato associato a una sensibilità del 94%, specificità del 61% e valore predittivo positivo del 17%.

Alla ricerca ha partecipato un campione di 399 partecipanti di età compresa tra i 15 e i 50 anni raccolti da contesti clinici (pazienti) e della comunità (volontari). Le proprietà psicometriche sono state valutate con l’analisi fattoriale; la validità diagnostica è stata ulteriormente valutata confrontando la scala del singolo test con un colloquio diagnostico semi-strutturato. La coerenza interna, la affidabilità test-retest e la validità convergente sono risultate del tutto soddisfacenti.

In conclusione il questionario Hikikomori a 25 item (HQ-25), sembra possedere proprietà psicometriche robuste e accuratezza diagnostica in un campione iniziale di giapponesi adulti. Il questionario può essere utile sia per individuare soggetti che non hanno ricevuto alcun tipo di supporto o trattamento clinico, ma anche come strumento per la psicoterapia, (per Teo e colleghi il trattamento privilegiato in questi casi) offrendo indicazioni sulle aree (sotto-scale) che richiedono maggior intervento psicologico.

Gli autori assicurano che saranno condotte ulteriori ricerche sulle proprietà psicometriche dell’Hikikomori Questionnaire (HQ-25) e sulla sua capacità di supportare la valutazione clinica di persone in ritiro sociale acuto.

Teo, A. R., Chen, J. I., Kubo, H., Katsuki, R., Sato‐Kasai, M., Shimokawa, N., … & Kato, T. A. (2018). Development and Validation of the 25‐item Hikikomori Questionnaire (HQ‐25). Psychiatry and clinical neurosciences. doi:10.1111/pcn.12691

Psicoterapia psicoanalitica per giovani adulti e adolescenti hikikomori

Fiorenzo Ranieri

Pubblicato l’articolo: Ranieri F. (2018). PSYCHOANALYTIC PSYCHOTHERAPY FOR HIKIKOMORI YOUNG ADULTS AND ADOLESCENTS. British Journal of Psychotherapy. Volume 34, Issue 4, pages 623–642, doi: 10.1111/bjp.12398 – https://onlinelibrary.wiley.com/doi/full/10.1111/bjp.12398

Di seguito la traduzione del riassunto:

L’hikikomori è un bambino, un adolescente o un giovane adulto che si reclude volontariamente nella propria casa per lunghi periodi non mostrando segni evidenti di disagio psicologico o disagio mentale conclamato come la schizofrenia o un disturbo dello spettro autistico, la disabilità intellettiva o i classici sintomi di uno stato depressivo. Questo fenomeno è stato descritto per la prima volta in Giappone ma diverse ricerche mostrano che si sta diffondendo in molti paesi del mondo. L’autore descrive questa particolare forma di ritiro sociale estremo da un punto di vista antropologico, psichiatrico e della psicologia dello sviluppo mettendo a confronto i diversi punti di vista del dibattito scientifico in corso. Ipotizza poi che la scelta di diventare un hikikomori venga presa dalla persona nel tentativo di trovare una soluzione alle difficoltà nelle relazioni con se stesso e con gli altri. La decisione di auto – recludersi si trasforma rapidamente in una trappola. In questa condizione l’individuo viene imprigionato in complessi meccanismi di funzionamento della mente che imbrigliano e coartano l’indipendenza e l’autonomia personale. Ciò è dovuto al fatto che con il ritiro una organizzazione di personalità patologica precostituitasi durante gli anni della prima infanzia che prende progressivamente il controllo del mondo interno spingendo verso stati mentali e comportamenti anti evolutivi. L’articolo prosegue con alcune riflessioni per il trattamento individuale con psicoterapia psicoanalitica degli adolescenti e dei giovani adulti in ritiro sociale estremo. Vengono utilizzati come modello di riferimento i “rifugi della mente” di John Steiner per analizzare le caratteristiche della relazione terapeutica e alcune modalità tecniche della psicoterapia. La descrizione di un trattamento condotto per quattro anni con un giovane adulto hikikomori completa l’articolo e consente ulteriori riflessioni cliniche.

Nuove forme del disagio giovanile: strumenti di comprensione e intervento

Evento Formativo riservato al personale Az Usl Toscana Sud Est – Sede Sala Conferenze Biblioteca Ospedale S. Donato Arezzo

Fiorenzo Ranieri

La Metamorfosi di Kafka e la famiglia hikikomori

Fiorenzo Ranieri

Difficile dimenticare il fulminante incipit del racconto “La metamorfosi” di Franz Kafka:

«Gregorio Samsa, svegliatosi una mattina da sogni agitati, si trovò trasformato, nel suo letto, in un enorme insetto immondo. Riposava sulla schiena, dura come una corazza, e sollevando un poco il capo vedeva il suo ventre arcuato, bruno e diviso in tanti segmenti ricurvi, in cima a cui la coperta del letto, vicina a scivolar giù tutta, si manteneva a fatica. Le gambe, numerose e sottili da far pietà, rispetto alla sua corporatura normale, tremolavano senza tregua in un confuso luccichio dinanzi ai suoi occhi.(1)».

Meno facile cogliere questo risveglio come una metafora del primo giorno di vita da hikikomori.


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Hikikomori , nuovo articolo sulla rivista “Scandinavian Journal of Child and Adolescent Psychiatry and Psychology”

Hikikomori: debating a XXI century phenomenon from a clinical point of view

Fiorenzo Ranieri * / Luciano Luccherino

Keywords : extreme social withdrawal , hikikomori , modularity , therapeutic programs , voluntary self-reclusion

Citation Information : Scandinavian Journal of Child and Adolescent Psychiatry and Psychology. VOLUME 5 , Pages 1-8 , ISSN (Online) 2245-8875, DOI: 10.21307/sjcapp-2018-002, Jan 2017 © 2018.

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Autolesionismo: ricerca di attenzione o ricerca di attaccamento?

Fiorenzo Ranieri

Beacon House è un Servizio per la salute mentale per bambini e giovani, famiglie e adulti che mostrano problemi emotivi e comportamentali, conflitti relazionali, patologie psichiatriche. E’ costituito da un team di psicologi, psichiatri, psicoterapeuti e terapisti occupazionali professionisti, e operano in Gran Bretagna offrendo un’ampia gamma di interventi sia di assessment che terapeutici e riabilitativi Questo Servizio ha focalizzato il proprio campo di intervento in particolare sugli effetti del trauma e sui disturbi dell’attaccamento. Il sito di questo team è http://beaconhouse.org.uk/ . In questo articolo propongo dal sito di Beacon House uno stralcio di un interessante lavoro sull’autolesionismo, un comportamento di auto danneggiamento sempre più frequente tra gli adolescenti. L’articolo è stato scritto da Shoshanah Lione, psicologo clinico.

“È come se l’autolesionismo fosse l’unico amico che possa farmi sentire meglio”. Continua a leggere Autolesionismo: ricerca di attenzione o ricerca di attaccamento?

Hikikomori in senso stretto, quasi hikikomori, persone che vorrebbero chiudersi in casa

Fiorenzo Ranieri –

Nel settembre del 2016 l’Ufficio di Gabinetto del governo giapponese ha pubblicato la terza indagine ufficiale sul fenomeno degli hikikomori in Giappone dopo le ricerche condotte nel 2003 e del 2010. Il titolo della ricerca è “Wakamono no seikatsu ni kansuru cho¯ sa ho¯ kokusho” (Relazione di ricerca sulla vita dei giovani). Il rapporto aggiorna la figura delle persone in ritiro sociale o prossimi a questa scelta di vita. Il report ha un taglio descrittivo, i dati vengono presentati senza discussione, analisi statistiche o interpretazioni dei risultati. Nonostante ciò si definiscono tre tipologie o condizioni di ritiro sociale. Presentiamo una sintesi dei dati, facendo riferimento al lavoro di Hamasaki, Tajan e Pionnié-Dax pubblicato in francese quest’anno (2017).

Gli hikikomori in senso stretto

Sono persone che lasciano la propria camera ma non la propria casa, oppure che in qualche raro caso escono dalla propria abitazione, ad esempio per recarsi in un negozio di alimentari o cose simili, rimanendo comunque nelle vicinanze dell’edificio e nell’area del proprio quartiere.

I quasi hikikomori

Sono i ragazzi e i giovani in ritiro che si concedono delle uscite anche per i propri hobby. Come gli hikikomori in senso stretto sono in una condizione di ritiro da più di sei mesi. Non sono stati considerati hikikomori in senso stretto o quasi hikikomori tutti coloro che si trovano a casa per una malattia fisica, che hanno una diagnosi di schizofrenia, che sono in stato di gravidanza o post partum. Sono anche esclusi dal gruppo degli hikikomori coloro che rimangono a casa per la cura e l’educazione dei bambini, chi è casalinga o governante.

Persone che vorrebbero diventare hikikomori: i gruppi di affinità

Dalla ricerca è emerso un interessante gruppo di soggetti che è stato raggruppato sotto la voce “gruppi di affinità”. Si tratta di persone che sentono simpatia per gli hikikomori, che li capiscono, che esprimono il desiderio di rinchiudersi. In modo più dettagliato all’indagine rispondono: “Capisco i sentimenti di coloro che sono chiusi a casa o in camera e non escono mai”, “Ho già pensato che anche a me mi piacerebbe rinchiudermi a casa o nella mia stanza”, “Se capita un evento spiacevole, non vorrei più andare fuori”, “Se c’è una ragione, penso sia normale rinchiudersi in casa o in camera”. Continua a leggere Hikikomori in senso stretto, quasi hikikomori, persone che vorrebbero chiudersi in casa