Fiorenzo Ranieri
Us è un romanzo che parla di ragazzi e ci porta dritti all’altra adolescenza, quella difficile, con nodi gordiani da sciogliere, percorsi impervi da tracciare, identità da costruire. Il suo autore, Michele Cocchi ce la rappresenta esplorando la vita di Tommaso, un ragazzo che da più di un anno vive chiuso nella sua stanza. Niente scuola, nessuna uscita con gli amici, rapporti ridotti al minimo con i genitori. Tommaso è un hikikomori: si è ritirato dal mondo, cercando rifugio in un isolamento che, pur soffocante, gli sembra l’unico modo per gestire angosce e paure difficili da definire, ma capaci di invadere ogni aspetto della sua esistenza.
Intorno a lui c’è una famiglia che, anche se con tutte le sue fragilità, non smette di esserci. Un nucleo imperfetto ma reale, che riflette le dinamiche di tante famiglie alle prese con il ritiro sociale di un figlio. Le sue uniche passioni rimaste sono la pallacanestro NBA e, soprattutto, i videogame.
La svolta arriva con Us, un videogame multiplayer online dove i giocatori, divisi in squadre di tre, sono legati da un vincolo profondo: ogni errore individuale si ripercuote sull’intero gruppo. Le missioni, ambientate in contesti storici complessi e drammatici, non offrono scelte facili, costringendo i partecipanti a confrontarsi con dilemmi morali e con la loro stessa vulnerabilità. Us non è solo un gioco: è un’esperienza che mette alla prova e spinge a interrogarsi su sé stessi.
Nel mondo virtuale, Tommaso diventa Logan e trova in Rin e Hud due compagni di squadra con cui, pur senza mai vedersi, costruisce legami autentici. Le regole del gioco impediscono di rivelare la propria identità, ma proprio questo anonimato permette ai tre ragazzi di aprirsi, diventando punti di riferimento reciproci in un’adolescenza segnata dall’isolamento.
Il romanzo di Cocchi, psicoterapeuta pistoiese prematuramente scomparso nel 2022, ci racconta il viaggio di crescita del protagonista.
Lo scrittore ha bene a mente che ogni giovane ha bisogno di un contesto adatto all’avventura che permetta di apprendere dall’esperienza. Tommaso trova nel suo videogame quel milieu alternativo alla scuola, alla squadra, alla piazza o al quartiere, il milieu insomma dove incontrarsi, scontrarsi, soffrire, identificarsi, riflettere, costruire identità e valori. Cocchi racconta con grande sensibilità come, per molti adolescenti, il confine tra realtà e virtuale sia fluido, e come questi spazi digitali possano diventare luoghi sicuri in cui esplorare se stessi e le proprie relazioni. Dunque Cocchi ci propone un video game “buono” che avvicina gradualmente il ragazzo chiuso al mondo a realtà fantastiche ma terribilmente reali tratte da eventi storici realmente accaduti. Il passato “magister vitae”.
A favorire il processo di mentalizzazione, letteralmente “a latere” del protagonista, una psicoterapeuta che attraverso una porta prima chiusa poi socchiusa si avvicina alla vita di Tommaso. La dottoressa in questione cerca con pazienza il contatto con la bolla protettiva dell’adolescente utilizzando un approccio empatico e rispettoso dei suoi tempi. Avrà modo così di aprire piccoli spiragli verso il mondo esterno.
Come conciliare questa visione ottimistica del “grande gioco” di Tommaso con la visione terrifica che molti adulti hanno del mondo virtuale in cui vedono entrare tante giovani menti e sempre più di frequente risucchia anche loro? I video games appaiono infinitamente più potenti e pericolosi, lontani dalle storie che da Omero a Kipling hanno affascinato le menti consentendo viaggi in mondi di fantasia, favorendo identificazioni ed esperienze emotive per molti riparative. Per lo psicoanalista Franco De Masi l’immaginazione può avere due percorsi. Quando è impiegata positivamente può sviluppare la creatività umana. In caso negativo può indurre ad allontanarsi dal mondo relazionale per crearne uno alternativo in cui vivere. Secondo De Masi esiste una differenza abissale tra l’area illusionale libera e creativa che origina dalle potenzialità dell’immaginazione umana, e quella della realtà virtuale in cui le stimolazioni sensoriali sono prodotte da un programma del computer. In questo caso il rischio è che la realtà virtuale si ponga in alternativa all’esperienza relazionale. È possibile, per questo, ipotizzare che il ritiro nel mondo virtuale, evento frequente in molti pazienti, spesso adolescenti, corrisponda a un’esperienza psicotica controllata. «Spesso i rifugi nel mondo della rete informatica cominciano sin dall’infanzia e iniziano con una eccessiva dipendenza dai videogiochi (De Masi 2009).
Anche lo psicanalista Andrea Marzi indaga su come le persone si immergano in dimensioni digitali profonde e come queste influenzino la percezione di sé e della realtà. Lo studioso conia il concetto di “spazio virtuale profondo“, un livello di cyberspazio che non è solo un ambiente tecnologico, ma anche un luogo psicologico e simbolico, dove si intrecciano esperienze digitali, emozioni e aspetti inconsci. Questo spazio potrebbe essere visto come una sorta di “inconscio digitale“, dove si manifestano desideri, paure e fantasmi della mente umana, amplificati dalla connessione con il mondo virtuale. Secondo Marzi i rischi psicopatologici del cyberspazio sono dovuti all’impatto che l’immersione nelle realtà digitali può avere sulla mente e sulla costruzione dell’identità. Marzi avverte che da questo non-luogo sospeso tra realtà e immaginazione che è, il cyberspazio può trasformare i prodotti della mente in figure oscure e distorte, cyber-fantasmi che favoriscono fenomeni allucinatori e distacco emotivo dissolvendosi poi nel vuoto come gli elementi β descritti da Wilfred Bion. Tuttavia questo autore ammette che il cyberspazio può stimolare la costruzione di elementi α, dunque la creatività e l’innovazione, sospeso com’è tra sospeso tra realtà e immaginazione.
In controcanto Filippo Barosi, psicoterapeuta di formazione psicoanalitica, osserva: “Tommaso [il protagonista di US] entra ed esce dal mondo virtuale e lì impara pian piano a conoscere la vita e la sua complessità, attraverso gli aspetti educativi di un videogioco che certo propone un’esperienza particolarmente profonda (ma davvero ne esistono tanti in grado di stimolare riflessioni di spessore!). Questa può diventare una esperienza transizionale tra l’onnipotenza e la frustrazione, che se non ingloba in una fissazione maligna, come può accadere in qualsiasi blocco evolutivo, aiuta invece i ragazzi a sviluppare al sicuro, nella propria camera-rifugio, qualcosa che rischierebbe di collassare sotto le pressioni del mondo al di fuori”. Una visione decisamente ottimistica che non dimentica tuttavia il rischio del videogame come fissazione maligna.
Dunque US a pieno titolo va considerato come un fantasioso contributo al dibattito sull’utilizzo delle nuove tecnologie nella salute mentale. Un percorso da seguire con prudenza, attrezzati almeno con i modelli che via via la psicologia e la psicoanalisi stanno via via costruendo.
Bibliografia
Barosi F. (2024). “Us”di M. Cocchi. Recensione di F. Barosi. https://www.spiweb.it/cultura-e-societa/usdi-m-cocchi-recensione-di-f-barosi/
Cocchi M. (2020). US. Roma: Fandango
De Masi, F. (2023). “Il potere delle realtà alternative”. In De Masi: Oltre l’inconscio dinamico: Pensieri per una psicoanalisi in sviluppo. pp 145- 153. Torino: Bollati Boringhieri.
Marzi A. (2013). Cyberfantasmi dal profondo. In Marzi, A. (a cura di). Psicoanalisi, identità e internet. Esplorazioni nel cyberspace: Esplorazioni nel cyberspace. Pp 163 – 184. Milano: FrancoAngeli.