Giovani e Pornografia

Interventi dal convegno “Giovani e pornografia. Gli effetti devianti sull’eros giovanile”. Il convegno si è tenuto il 20 e 21 ottobre a Lucca, organizzato dalla dottoressa Daniela Melchiore della Società medico Chirurgica Lucchese.

Razionale scientifico

di Daniela Melchiorre

Secondo uno studio recente svolto a Bologna il 95,5 % dei ragazzi fra i 12 e i 15 anni frequenta siti porno. E’ un dato allarmante a cui va collegato quello relativo all’età in cui per la prima volta il giovane individuo entra in contatto con il mondo della pornografia. Infatti l’età in cui per la prima volta è stato visitato un sito porno da parte dei 600 preadolescenti che hanno partecipato allo studio è di soli 9 anni. L’argomento del convegno che la Società Medico Chirurgica ha scelto di affrontare quest’anno, nasce dall’esigenza di analizzare non solo il problema in sé, che secondo i dati presenti in letteratura presenta aspetti inattesi e preoccupanti, ma soprattutto il mezzo attraverso cui il problema si genera, rendendone assolutamente difficile la gestione. Owens nel 2012 descrive come la pornografia conosciuta attraverso internet possa modificare i comportamenti non solo sessuali degli adolescenti, inducendo atteggiamenti violenti da parte dei ragazzi nei confronti delle ragazze e viceversa. Inoltre, la pornografia online può interferire anche sulla percezione del Sé. Può accadere che sia le ragazze che i ragazzi si percepiscano fisicamente e prestazionalmente come inferiori rispetto ai modelli che vedono nel materiale pornografico, senza considerare la percezione distorta dell’atto sessuale come mero scambio fisico e non come profondo (e rispettoso) scambio affettivo. In tal modo viene a configurarsi un eros giovanile impoverito della scoperta di sé anche attraverso la relazione sentimentale con l’altro, incrinando nel tempo la fiducia in se stessi e aprendo la strada ad una generazione che rischia di non avere punti di riferimento solidi e soprattutto reali.Solitudine e incomunicabilità

di Martina Iardella

Da un articolo de La Stampa di Agosto traiamo uno spaccato della realtà giovanile in cui da una ricerca americana si evince che i giovani dai 13 ai 19 anni, i noti nativi digitali, sono più depressi, e meno inseriti a scuola o nel lavoro, dei loro genitori e nonni. Passano meno tempo con gli amici, nello studio, nello sport, perfino baciarsi e avere rapporti sessuali sono trascurati. Non prendono la patente, non vanno a ballare. Sono poco autonomi e motivati alla loro indipendenza. I suicidi aumentano, preceduti dall’uso di droghe, l’insicurezza sociale genera bullismo aggressivo e vittimismo paralizzante. Le ragazze sembrano essere più vulnerabili dei loro coetanei maschi.

Secondo questa ricerca, responsabili di questa epidemia di solitudine, frustrazione e nevrosi nella generazione giovanile sono gli smartphone e i tablet, la tecnologia digitale in generale, che fagocitano cervello, anima e cuore dei nostri ragazzi, lasciandoli per ore, gusci vuoti e inascoltati.

Vero è che L’utilizzo di internet e di altre tecnologie moderne ha rivoluzionato i tempi e i modi della comunicazione attuale. I contenuti pubblicati sul web, infatti, sono visibili in tutto il mondo e si diffondono in un battito di ciglia. Viviamo, anche noi adulti, per la verità, questa dipendenza sia in casa che fuori casa, sia quando siamo soli che in compagnia. Non siamo più capaci di gustarci un buon libro, una serata tra amici o un pranzo in famiglia senza mandare messaggi, giocare al cellulare o controllare le e-mail. Nomofobia è un termine di recente introduzione che designa la paura incontrollata del no-mobile, di rimanere sconnessi dal contatto con la rete .

Ci sembra quindi di rimanere sempre in contatto grazie alle innumerevoli conversazioni virtuali, ma alla fine dei conti, siamo sicuri di saper coltivare ancora delle relazioni vere?

Cosa ci dice la Psicologia in merito al senso di solitudine?

Nell’esperienza umana c’è una solitudine ricercata come valore, come spazio di individuazione e di introspezione, una solitudine necessaria nel sottolineare i momenti di separazione che segnano le tappe evolutive dei processi di crescita, ma ci sono anche stati psichici in cui la solitudine è sentita come condanna, come impossibilità o incapacità di “stare con”, un sentimento spesso molto doloroso, in cui la percezione della solitudine si associa a stati interni di insoddisfazione, di tristezza, di ansia, di timore, o addirittura di disperazione e/o di panico. Il senso di solitudine attraversa così, come sintomo doloroso, le due grandi aree della patologia psichica della Paranoia e della Depressione, assumendo connotazioni diverse a seconda delle diverse strutture e costellazioni psicologiche e dei diversi gradi di disagio, correlandosi alle specifiche vicende di ogni storia personale. Il senso di solitudine come mancanza si accompagna spesso all’idea di Vuoto. E’ il vuoto interiore che sentono i nostri ragazzi oggi.

A cosa porta la solitudine dunque? Se partiamo dalla sensazione del deserto affettivo e dalla mancanza di aiuto, arriviamo alla sfiducia nell’esperienza relazionale da cui alla fine si cerca di fuggire per cui cosa c’è di più sicuro di una relazione virtuale?

Un rifugiarsi in uno schermo in anonimato, dove ognuno può essere chi desidera o chi si sente di non essere. Ciò permette di sganciarsi dalla vergogna o dall’imbarazzo di guardare immagini o video pornografici, e consente di esplorare le proprie fantasie o di compensare la loro mancanza, oltre ad offrire un riparo dalle difficoltà emotive degli incontri reali e dalla paura dei fallimenti in termini di prestazione. E la curiosità tipica adolescenziale dell’amore e della sessualità diventa genitalizzazione delle relazioni e risposta tecnologica al piacere. Si limitano ad osservare una pseudo realtà senza viverla con tutti e 5 i sensi… la solitudine, e di conseguenza l’isolamento emotivo poi porta inevitabilmente a difficoltà comunicative, viene meno la capacità empatica di mettersi nei panni dell’altro perché l’altro non c’è realmente davanti a noi…

Carl Rogers, psicologo psicoterapeuta americano, fondatore della Terapia Centrata sul Cliente, pone proprio l’Empatia come presupposto necessario in qualsiasi forma di relazione umana. L’empatia intesa come  la capacità di sintonizzarsi e comprendere gli stati emotivi e cognitivi dell’altro. Questa capacità richiede una buona dose di attenzione e sensibilità nell’accogliere i vissuti di chi abbiamo di fronte, anche quando questi possono divergere profondamente per esperienza, valori o idee dai nostri. La capacità di sentire il mondo dell’altro e accettarlo come unico e irripetibile.

Questa importante chiusura in se stessi, questo ripiegamento dell’energia vitale su uno schermo di pochi pollici, porta inoltre i giovani a non comunicare ciò che realmente sentono, lo affidano a una piattaforma virtuale o a comunicarlo in modo disfunzionale o addirittura eclatante, vedi lo sproporzionato aumento dei suicidi giovanili.

Io mi chiedo…ma davvero i giovani non riescono più a comunicare? O comunque trovano adulti che non sono più disposti ad ascoltare? Il primo assioma della Comunicazione di Watzlawick dice che “E’ impossibile non comunicare”, e questa è una realtà, noi non comunichiamo solo con le parole ma sappiamo che il 95% della attività comunicativa è Non Verbale, noi parliamo con lo sguardo, con la postura, con la prossemica, con la gestualità, con il silenzio…proprio quel silenzio assordante, dell’anima e del cuore, in cui molti giovani si rifugiano”.

Giovani e pornografia, il ruolo di internet

di Enrico Lazzari

Internet rappresenta sicuramente una risorsa per bambini e adolescenti, permettendo la “condivisione del sapere” in modo agevole, multimediale e gratuito: applicazioni didattiche all’insegnamento a distanza, dagli ausili per persone diversamente abili alle L.I.M utilizzate nelle scuole.

Ma accanto ai vantaggi evidenti Internet e le cosiddette “nuove tecnologie” espongono i minori ad una serie di rischi, più o meno nascosti: accesso a materiale pornografico, cyberbullismo, scommesse ed acquisti on-line, dipendenza da videogiochi, fino a diventare protagonisti di materiale pedopornografico.

Stanno aumentando i casi di bambini e adolescenti affetti da IAD (Internet Addiction Disorder), cioè dai disagi di chi si collega per troppe ore al giorno con la rete, un problema definito in altri termini come abuso-dipendenza da internet, che, sostiene la Canadian Medical Association «è reale come l’alcolismo e provoca, come le altre patologie da dipendenza, problemi sociali, sintomi astinenziali e isolamento».

Nel caso dei bambini, in particolare, si registra la difficoltà a costruire una relazione con gli altri, l’instaurarsi di una situazione di apatia che è del tutto simile a quella provocata dalle droghe, e già alle scuole elementari possono manifestarsi disturbi cognitivi e della memoria dovuti al troppo tempo trascorso “a navigare” sulla rete.

Adolescenti nativi digitali e bambini-touch, sempre più connessi alla rete con smartphone e i tablet che ne rendono l’accesso sempre più semplice, si confrontano con genitori ed educatori inconsapevoli e  impreparati, sia per la conoscenza dei rischi a cui vanno incontro i minori che sulle modalità per ridurli: parental control ed altre impostazioni di sicurezza sono poco conosciute e scarsamente applicate. Molti dati raccolti da Telefono Azzurro ed altre associazioni fotografano una scoraggiante situazione: ad esempio quattro ragazzi intervistati su 5 (il 73%) dichiarano di frequentare costantemente siti pornografici.

Google, Microsoft e le altre principali aziende del settore offrono consigli,  suggerimenti e strumenti, questi ultimi non sempre perfetti né di facile applicazione per un utente “generico”.

Problematiche di non facile soluzione, anche a causa della sottovalutazione dei rischi derivanti dell’uso ed abuso della rete, che richiedono un impegno comune di tutti gli attori coinvolti: educatori, medici, genitori, istituzioni e associazioni.”

Gli adolescenti: rischi e pericoli dell’esposizione a contenuti inadatti nell’era di internet 2.0

di Rita Picchione (Polizia Postale)

Secondo alcune ricerche scientifiche, l’esposizione degli adolescenti ad immagini erotiche può determinare scenari comportamentali, per fortuna transitori, come il bullismo e cyberbullismo, atti di goliardia, sexting e adescamento on line, oltre ad un certo tipo di aggressività rivolto soprattutto verso il sesso femminile che solitamente nella pornografia viene mostrato come soggetto passivo.

Secondo un’indagine condotta da Eurispes e da Telefono Azzurro (http://www.eurispes.eu/) su di un campione di 1496 ragazzi di età compresa tra i 12 e i 18 anni, emerge che circa un ragazzo su dieci ha ricevuto messaggi o video a sfondo sessuale con il cellulare, mentre il 6,7% ne ha inviati ad amici, fidanzati, adulti o altre persone anche sconosciute. Tale fenomeno costituisce una nuova frontiera di impegno delle azioni di prevenzione e repressione relative allo sfruttamento sessuale di minori a mezzo internet perché, comprendendo come l’inesperienza e l’immaturità di soggetti in fase evolutiva possa ingenerare comportamenti imprudenti, si ravvede come essi possano essere elementi di grande pericolosità e di estrema preoccupazione.(www.poliziadistato.it). Mai come oggi è possibile fruire facilmente della Pornografia, perché l’accesso a siti pornografici è totalmente gratuito e anonimo, quindi la disponibilità è illimitata e a costo zero.

La “pornografia on line” soddisfa la naturale e fisiologica curiosità dei minori rispetto alla     sessualità ma è anche una sollecitazione pericolosa per un soggetto in età evolutiva perché può essere al tempo stesso attraente ma anche spaventevole e produrre un trauma per le immagini esplicite che contiene. In questo contesto, dove è possibile fruire di materiale pornografico molto velocemente e facilmente, si inseriscono le « instant generation» così vengono definite queste nuove generazioni di internauti così attratti da tutte le esperienze e sensazioni giocate sulla rapidità e sulla velocità. Ma quali sono i potenziali rischi?

Internet Addiction Disorder quali Cyber sexual addiction e Cyber Relation addiction

Sexting

Atti di cyber-bullismo anche di notevole gravità poiché si va a colpire l’altro nella propria sfera intima attraverso la diffusione di immagini private su social ecc.

Adescamento on line quale incastro perfetto tra interesse sessuale deviato dell’adulto e ricerca esplorativa dell’adolescente sulla propria capacità seduttiva.

In questo ambito si inserisce l’attività di Prevenzione e Repressione della Polizia di Stato attraverso un attento monitoraggio della rete internet svolto 24 ore su 24 , sette giorni su sette, che focalizza l’attenzione sulla scoperta di siti e dinamiche che possono rappresentare fonte di pericolo nella navigazione dei più giovani. Attraverso una black list che viene fornita agli Internet Service Provider, affinché venga inibita la navigazione ed il rischio di imbattersi in siti a contenuti pedopornografici, questo sistema tutela anche i minori dall’esposizione a questo materiale traumatico.

Attualmente la Polizia Postale e delle Comunicazioni è impegnata in campagne educative quali “Non perdere la bussola” e “ Una Vita da Social” al fine di far pervenire ai giovani concreti messaggi in tema di vera e propria educazione all’uso consapevole della rete ed educazione alla legalità.

Scuola e famiglia insieme contro la pedofilia

di Carmelo Dambone

I dati statistici rilevano che la pedofilia è un fenomeno sempre più complesso, che nella rete trova nuove forme di espressione. I ragazzi trascorrono buona parte della giornata a comunicare in rete e l’aspetto che maggiormente deve farci riflettere è che già in età prematura (in alcuni casi già dai 8 o 9 anni) molti bambini, facendo un uso inappropriato del sistema, diventano facili prede di adulti con finalità sessuali. Generalmente gli adolescenti sono predisposti nel fare amicizia e creare legami. Gli adulti adescatori fingendosi coetanei conquistano l’amicizia del minore fintanto a solidificarla, creando un legame di fiducia indissolubile.

Solo in quel frangente l’adulto ricercherà immagini o video di tipo sessuale, inducendo il minore a credere che ciò è normale e che lo fanno tutti i suoi coetanei. Dietro questi adulti ci possono essere soggetti con disturbi psichici e, molto spesso, organizzazioni criminali che utilizzano minori a fini di prostituzione minorile. Dietro gli atti, anche di violenza, non ci sono comportamenti impulsivi ma una sorprendente pianificazione. Difficile trovare un’unica motivazione che spinge le giovani vittime ad esporsi alle bramosie di uomini adulti. Forse uno stile educativo estremamente autoritario, genitori assenti e/o in conflitto. È necessario allora analizzare a fondo il nucleo familiare, il contesto di riferimento e il gruppo amicale. Mi piace pensare alla definizione dello psichiatra Vittorino Andreoli, dove alla domanda: “chi è un bambino?” Risponde: “un processo in divenire”. Aggiungo che in quel “divenire”, le figure genitoriali devono essere “sintonizzate” con il minore e non solo “presenti” fisicamente, allerti a placare bisogni materiali per ancorare arcaiche frustrazioni. Non di meno la scuola deve fare la sua parte, in un patto di corresponsabilità con la famiglia. Ripensare alle agenzie educative come polo di osservazione privilegiato, dove riconoscere e segnalare il disagio. Alla cronaca arrivano i fatti eclatanti ma forse dovremmo riflettere che alle tante storie di vita esplose in contesti familiari, altre non fanno rumore, vivono nell’ombra, nel silenzio, nell’indifferenza disarmante di chi è impegnato a fare altro. L’azione di prevenzione non deve passare dal proibizionismo della rete ma attraverso un processo di informazione e formazione, su più livelli, fra tutti gli attori che orbitano nel mondo del minore, in un’ottica di integrazione tra i professionisti. Come detto è necessario ripensare ad un patto di corresponsabilità tra le agenzie educative: scuola – famiglia. Contro crimini di tale entità è necessario un costante impegno di tutti gli organi istituzionali in una logica multidisciplinare dove tutti compartecipano nell’affrontare il fenomeno delittuoso. Sensibilizzare il mondo sociale attraverso una campagna che coinvolga, come parte attiva, da una parte la vittima con una maggiore consapevolezza dei rischi ma anche l’autore, affinché ritrovi un’affettività matura. Potremmo tranquillamente affermare che è necessario ricercare di ri-educare gli adulti con disagio all’affettività. Da lì il passo è breve per innescare in loro qualcosa a cui molti di noi aspirano, la “felicità”. Voltaire diceva: “Soltanto i deboli commettono crimini: chi è potente e chi è felice non ne ha bisogno”.

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