Le origini dell’idea del rischio

Fiorenzo Ranieri

Quando ci si inoltra nella storia del rischio, si ha l’impressione che gli uomini non abbiano mai formulato questo concetto prima del Rinascimento e che solo con la modernità siano stati capaci, grazie a calcoli probabilistici, di padroneggiarlo.

La stessa origine della parola, nata ben dopo l’anno Mille, rimanda a qualcosa di nuovo, sconosciuto alle civiltà che si sono succedute fino a quel momento (Bernstein, 1996). E naturalmente sorge spontanea una domanda: con che strumenti mentali le civiltà più antiche si sono confrontate con l’incertezza, il futuro, la necessità di compiere scelte che riguardavano il destino individuale o collettivo?Su questo tema, sappiamo, si sono inoltrati antropologi come Mary Douglas (1989) che hanno vivacemente contestato la visione dei modelli tecnico – scientifici basati sulla Teoria della probabilità riferibili ad un individuo astratto, avulso dal contesto e privato di qualunque riferimento sociale. La difesa della capacità previsionale delle culture più antiche o non occidentali ha comportato da un lato la rivalutazione di forme di pensiero che non sono strettamente riconducibili alla razionalità, dall’altro la ridefinizione dello stesso pensiero razionale riposizionato nel contesto culturale di riferimento (Bradbury, 1989).

Giovanni Pellerino, autore del breve ma succoso saggio “Le origini dell’idea del rischio” (2007), compie un excursus dalle società primitive fino all’alba della modernità con lo scopo di studiare se e come le società antiche, pur prive di un concetto di rischio come quello attuale, abbiano potuto elaborare delle tecniche specifiche per ridurre l’incertezza e incrementare la capacità di scelta. L’autore indaga sul modo in cui, passando da forme più semplici a forme più complesse, magia, rito, divinazione, stregoneria, colpa, religione, diritto, siano stati strumento per affrontare le angosce generate dalla incertezza del futuro.

Il saggio offre la opportunità di cogliere lo sviluppo di modalità di relazioni e contestualmente di pensiero progressivamente più articolate capaci di arginare l’angoscia derivante dalla consapevolezza del futuro. Alcuni noccioli essenziali sono alla base del processo: la differenziazione della famiglia dalla orda, fatto che consente di interagire con figure stabili di riferimento, di percepire e di essere percepito, acquisendo una capacità previsionale su quelle che saranno le condotte dall’altro; la memoria, che viene tramandata in forme definite grazie alla poesia poi resa stabile dalla scrittura; i miti, in grado di ordinare e dare un qualche senso alla realtà, generando aspettative comuni sul comportamento dei membri della comunità accomunati dalle stesse attribuzioni di senso agli eventi; le credenze e il pensiero religioso, con le sue ritualità confortanti come la divinazione, e le regole condivise come i tabù.

Pellerino, che ha tra le sue fonti principali gli scritti del sociologo tedesco Luhmann e di Raffaele De Giorgi, direttore del Centro Studi sul Rischio dell’Università del Salento, dedica ampio spazio alla faticosa differenziazione del diritto dalla religione. Solo dopo molti secoli infatti, e non in tutte le culture, è stato possibile differenziare i sacerdoti dai magistrati e stabilire criteri certi che regolamentassero e sanzionassero la trasgressione e la devianza grazie a norme scritte. Le norme, vincolando il comportamento, aumentano la prevedibilità delle condotte altrui e riducono il rischio di eventi inattesi.

Nell’ultimo capitolo del saggio troviamo i passaggi che hanno portato alla comparsa del concetto di rischio nel basso medioevo a partire dalla necessità di forme di assicurazione per il commercio marittimo. Il rischio diventa in quel periodo un oggetto approssimativamente quantificabile e con un valore monetizzabile. Nei secoli successivi un diverso atteggiamento della Chiesa nei confronti del gioco d’azzardo consente i primi studi sulla probabilità che passo dopo passo portano alle conoscenze attuali. Interessante, e mutuato anche questo dagli scritti di Luhmann (1968), il parallelismo tra rischio e fiducia, vista anche essa come vincolo del futuro. La fiducia costituisce la mediazione tra la complessità del mondo e l’attualità dell’esperienza ed è un concetto che ha avuto una sua evoluzione. Nel passato era un elemento imprescindibile della solidarietà sociale (la fides romana), ma necessitava della mediazione della divinità. In estrema sintesi un individuo si poteva fidare dell’altro perche entrambi con-fidavano nel disegno divino di cui facevano parte. Oggi ci si fida dell’altro senza mediazione, sulla sola base della stima che si formula riguardo ai rischi della relazione. Si tratta di una illusione, dato che il futuro non comunque prevedibile, ma con una sua importante funzione, assorbire l’incertezza che altrimenti impedirebbe di agire. Fidarsi (e non confidare) implica una scelta tra alternative astrattamente possibili, dunque un confronto tra diversi scenari o rappresentazioni mentali.

Il libro di Pellerino offre allo psicologo che si occupa di rischio estremo una rassegna storica delle soluzioni che le culture via via succedutesi hanno sviluppato per gestire l’incertezza del futuro e il rischio. I processi psicologici e relazionali che hanno generato tali soluzioni possono essere tuttora rintracciati nella vita mentale sia del bambino che dell’ adulto. Conoscerne la storia aiuta a comprendere le modalità diverse con cui una persona può confrontarsi con il rischio.

Bibliografia

  • Bernstein P.L. (1996). Against the Gods: Remarkable Story of Risk. Hoboken – NJ: John Wiley & Sons Inc. (trad. it: Più forti degli dei – La straordinaria storia del rischio. Milano: Il sole 24 ore S.p.A., 2002)
  • Bradbury J. A. (1989). The Policy Implications of Differing Concepts of Risk. Science, Technology, & Human Values, Vol. 14, No. 4 (Autumn, 1989), pp. 380-399.
  • Douglas M. (1989). Rischio e pericolo. Relazione alla “Japanese – European Conference on Risk”, tenutasi a Ispra (Va) e pubblicata in Douglas M.: Come percepiamo il pericolo. Antropologia del rischio. Milano: Feltrinelli – 1991.
  • Luhmann N. (1968). Vertrauen: Ein Mechanismus der Reduktion sozialer Komplexität. Stuttgart: Enke (Tr. it.: La fiducia. Bologna:Il Mulino – 2002).

Pellerino G. (2007). Le origini dell’idea del rischio. Lecce: Pensa Multimedia Editore.

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