Fiorenzo Ranieri
L’avvocato Marzi guida e rimugina sulle due udienze perse per accompagnare Marco. La collega di studio lo sostituirà, certo, ma non è lo stesso. Marzi dà un colpetto sulla coscia del suo cliente.
- Tranquillo, non ti voglio con quella faccia. È un punto a sfavore se ti sentono impaurito.
Marco si rigira dall’altro lato, a guardare i passanti sul marciapiede. Stringe un labbro con i denti, non vuole essere visto. “Faceva così anche da piccolo” pensa Marzi, “almeno bestemmiasse”. È affezionato a quel ragazzo, specie da quando ha perso il padre, Sergio, un amico vero.
- Guarda se intravedi un parcheggio.
Beccarne uno a quest’ora fra gli uffici della Regione e il Catasto è quasi un miracolo. Trovano posto incastrando il BMW tra una utilitaria e un bidone della spazzatura. Una manovra millimetrica. Scendendo Marco apre bocca per dire:
- Pensavo avresti graffiato.
- Spicciamoci, non voglio arrivare in ritardo,
risponde spiccio l’avvocato, comunque inorgoglito per quello che gli sembra un complimento.
La sede dell’Ordine degli Psicologi è in una palazzina anonima, un appartamento tra i tanti, con il vantaggio di avere nei paraggi alcune fermate degli autobus e la stazione della Metro. I due salgono a passo svelto le rampe di scale fino al secondo piano. Marco e l’avvocato condividono la fobia per gli ascensori, ma ognuno dei due ignora questa piccola debolezza dell’altro. Alla porta d’ingresso Marzi pigia il pulsante del campanello. Sono in anticipo, un impiegato li accoglie indirizzandoli in una saletta d’attesa. I divanetti in stoffa ruvida sono un po’ scomodi, Marco si accuccia in un angolo, mentre l’altro comincia ad andare su e giù, dalla porta all’unica finestra. A vederli sembrano padre e figlio. Continua a leggere Il ragazzo hikikomori – un racconto